Forse ora starete pensando “che domanda, tutti!” ma io non credo sia così. E questa mia convinzione si è rafforzata dopo aver visto il bellissimo documentario di Mariano Snider che si intitola Non ne abbiamo mai parlato nel quale, con impressionante delicatezza, affronta il tema della morte analizzandolo attraverso un percorso personale che tocca proprio la sua famiglia.
La nonna di una mia amica, ultra novantenne, ogni sera prima di andare a dormire diceva a sua figlia che viveva con lei: “Se muoio stanotte, consideratemi salutata!” intendendo dire che se ne sarebbe andata serena e tranquilla di aver salutato tutti, di non avere nulla in sospeso. Questa frase mi ha sempre fatta sorridere e riflettere su come le persone affrontano il tema della morte. È vero per esempio che, più invecchiamo, meno ci fa paura? O è forse il contrario?
Di certo io noto due schieramenti: ci sono persone per le quali la morte è decisamente un tabù: sono terrorizzate anche solo a pronunciare quella parola. Non se ne deve parlare perché è un argomento spaventoso, che fa soffrire. Si affronta quando si è obbligati, inutile parlarne prima.
Poi ci sono altre categorie di persone che ho avuto il piacere di conoscere e che mi hanno illuminata rispetto a questo tema, per le quali la morte è un argomento naturalmente fortissimo, molto difficile da affrontare e da elaborare (forse ci vuole tutta la vita…) ma che ritengono faccia parte del nostro percorso e che quindi non deve essere evitato. Fra queste persone ce ne sono alcune (poche ammetto, ma alcune sì) che sono riuscite addirittura ad accettare la morte, non senza dolore o paura ma certamente con una consapevolezza profonda.
Io sono sempre stata abbastanza fatalista: credo fermamente nel destino, che ogni vita (anche se dura 10 secondi) abbia un senso, che la nostra ora non arrivi a caso, che ci siano significati in tutto quello che ci accade, anche se non possiamo capirli. Quindi sarei portata a vivere la morte come parte integrante della vita e del percorso che spetta ad ognuno di noi. Ecco sì, in teoria. Diciamo che ci sto lavorando ma ammetto che non averne paura ed accettarla senza pensieri è un’altra cosa. Pensare che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, oppure riuscire ad andare avanti senza una persona cara, oppure affrontare la solitudine, sono temi ai quali non si può non pensare con timore.
Ma credo anche, in generale, che il primo passo per allentare la morsa dell’ansia verso temi così spaventosi sia affrontarli. Il tabù crea ancora più paura, ancora più ignoto e ancora più negatività. Non diventeremo tutti dei santoni in pace con il mondo ma potremo, per esempio, capire qualcosa in più su di noi e su quello che davvero ci spaventa più di tutto rispetto alle mille sfaccettature che la morte porta con sé. Io per esempio esorcizzo pensando che la morte è una delle poche cose che non possiamo decidere, quindi perlomeno scelgo di vivere ogni giorno circondandomi solo di persone che mi fanno stare bene o cercando di non prendermela per le sciocchezze. Sono azioni che, tutto sommato, faccio pensando alla morte e che, paradossalmente, mi fanno vivere bene :-).
Lo so, questa volta il tema è complicato. Ma per questo, ancor più di sempre, aspetto il vostro parere!
😉
Io comunico sempre poeticamente, ossia:
Atmosfera della vita eterna
Allentare la mente
per avvicinarsi sempre più
all’atmosfera (clima psicologico) della
Vita eterna
Scindere il pensiero in grani
col pestello della coscienza
e sbriciolato diluirlo
per poi distillarlo
fino alle più alte frazioni volatili
che infine
raccolte in memorie
costituiranno
il primo principio inscindibile
Prima maglia
pronta a farsi concatenare
senza dover essere
dal terrestre intaccata
purezza della purezza
creata alla fine
per la Vita eterna.
Grazie Massimo, la poesia in effetti rende tutto più affrontabile 🙂